I FIGLI NELLA SEPARAZIONE

L’affidamento condiviso è da anni la regola cardine nei casi di separazione dei coniugi, poiché realizza appieno il principio di bigenitorialità, in base al quale il figlio ha il diritto di mantenere buoni e costanti rapporti con entrambi i genitori, potendoli frequentare in maniera continuativa.

Fondamentali concetti come bigenitorialità, condivisione e corresponsabilità, sono alla base dei rapporti familiari in seguito alla separazione, laddove la volontà del legislatore è stata quella di riconoscere ai figli il diritto di continuare ad avere un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori anche dopo la disgregazione familiare; conseguenza di ciò è che ciascun coniuge deve assumere un atteggiamento partecipativo e all’insegna della comunicazione con l’ex coniuge allo scopo di consentire una crescita ed una educazione equilibrata dei figli.

Solo nei casi in cui la frequentazione con uno dei genitori appaia contraria agli interessi del minore, il giudice disporrà l’affidamento esclusivo ad uno solo dei due, con evidente penalizzazione, per l’altro genitore, che vanterebbe unicamente un diritto di visita alle modalità prestabilite.

Tuttavia, fermo il principio dell’affidamento condiviso, è necessario fare chiarezza sulla differenza tra i concetti di affidamento e di collocamento, spesso utilizzati come sinonimi ma che sinonimi non sono.

Se l’affidamento è il potere dei genitori di prendere decisioni rilevanti per i propri figli, gestire il loro patrimonio e partecipare attivamente alla loro vita, il collocamento stabilisce dove il minore dovrà vivere stabilmente, dopo la separazione o il divorzio.

Le modalità attraverso le quali può esplicarsi l’affidamento condiviso, fermo restando che occorrerà valutare caso per caso e verificare, nel concreto, che la forma non contrasti con l’interesse del minore, sono più d’una e cioè: 

– l’affidamento condiviso con collocamento prevalente, sistema nel quale il minore risiede prevalentemente presso l’abitazione del coniuge ritenuto più idoneo, spesso l’abitazione coniugale, cui viene assegnata, con diritto di frequentazione e visita per l’altro coniuge, che si assume anche l’obbligo di versamento di un contributo mensile di mantenimento e di compartecipazione alle spese straordinarie;

– l’affidamento condiviso con collocamento paritario, caratterizzato dal fatto che il minore alterna periodi di convivenza presso l’uno e l’altro genitore, nelle rispettive nuove sistemazioni o anche, in parte, nella casa coniugale (seppur può essere assegnata solo ad uno), ove sussista un accordo in tal senso (ad es., con suddivisione del tempo in determinati giorni durante la settimana, oppure la mattina con uno e il pomeriggio con un altro o, ancora, a settimane alterne, etc.), situazione che in linea generale esclude un contributo al mantenimento, se non la gestione diretta nei periodi di permanenza, includendo le sole spese straordinarie pro-quota; 

– un’ipotesi particolare di collocamento paritario è il cosiddetto collocamento alternato, in tal caso ad essere ripartito in modo ciclico è proprio il collocamento del minore il quale dovrà vivere per un periodo presso l’abitazione della madre e per un periodo presso l’abitazione del padre, laddove godano si soluzioni abitative adeguate e distinte;

– l’affidamento condiviso con collocamento invariato, laddove a spostarsi non sono i figli bensì i genitori, i quali si alternano nella stessa abitazione dove il figlio vive, ossia l’abitazione coniugale, che viene assegnata ad entrambi i genitori, anche in tal caso in linea generale senza un contributo al mantenimento, ma con la gestione diretta nei periodi di permanenza e la suddivisione delle spese straordinarie. 

Con specifico riguardo a quest’ultima forma di collocamento invariato, senz’altro la più rispondente, insieme a quella del collocamento paritario, all’interesse dei minori, a fare da apripista sono stati alcuni Tribunali, tra cui quello di Trieste (29/02/2012, per scelta del Giudice) e Varese (decreto n. 158/2013 di omologa di separazione consensuale), laddove si disponeva l’alternanza settimanale dei genitori nella casa coniugale; a seguire, altri Tribunali hanno accolto questa forma di collocamento, ad esempio il Tribunale di Milano (13/06/2013), ma anche Genova (25/06/2015), Santa Maria Capua Vetere (13/01/2017).

Nel periodo in cui uno dei genitori abita la casa coniugale con i figli, egli si occupa dell’ordinaria amministrazione mentre le scelte più importanti vengono comunque concordate congiuntamente con l’altro coniuge (ad es. scelte in campo scolastico, sanitario, etc.).

È evidente altresì che ciascun genitore deve disporre di una soluzione abitativa alternativa in cui trasferirsi nei periodi di non permanenza nella casa familiare, tanto da far ritenere questa formula destinata ad essere utilizzata nell’ambito di assetti consapevolmente provvisori, che può essere possibile solo se sussistono determinate condizioni come la mancanza di conflittualità tra i coniugi, perché i genitori hanno il compito, accordandosi tra loro, di suddividere i periodi di permanenza nella casa rispettando un programma di turnazione da concordare.

In tal caso, la casa coniugale non viene assegnata ad uno solo dei due coniugi bensì ad entrambi, evitando con ciò quelle soluzioni forzate in cui il proprietario dell’immobile deve lasciare l’appartamento a favore dell’ex che vi si stabilisce di norma per diversi anni, senza pagare l’eventuale mutuo; madre e padre si dividono poi gli eventuali assegni familiari, nonché le spese del mutuo per la casa e le spese straordinarie, con un mantenimento diretto dei figli.

L’impegno assunto da ciascun genitore, con questa moldaità di collocamento, è dunque quello di abitare col bambino nella casa familiare a settimane alterne (da un lunedì all’altro), o con diversa suddivisione, di ripartirsi in modo equo i periodi di vacanza da trascorrere col piccolo, di impegnarsi all’aiuto reciproco al subentrare di qualsiasi necessità o emergenza durante il periodo di convivenza col bambino, di provvedere ciascuno al mantenimento diretto del figlio, dividendo a metà le spese straordinarie.

Modalità evidentemente percorribile in situazioni di bassa conflittualità tra i genitori, perchè implica alla base l’esistenza di una stretta e profonda collaborazione tra gli ex coniugi, presupponendo una cooperazione non solo nella gestione dei figli, ma anche in quella della casa, perché la scarsa coesione potrebbe generare tensioni tra gli ex coniugi, a danno dei minori.

yanogiovannini